Nella domenica pomeriggio di un assolato settembre, su per la salita di via Fontebella, cuore della città, un passo dietro l’altro, cadenzato, i suoi abitanti sono saliti per sentire messa. In un crocevia che sfugge al pellegrino, in alto, sta una Madonna con il suo Bambino, accudiente, all’interno di una nicchia rettangolare. La sua immagine era crollata sotto i colpi del tempo e delle intemperie, ma l’amore della famiglia assisana di Paola Carloni e Pietro Capitanucci la rivoleva almeno come la ricordavano da bambini. La restauratrice Manuela Elisei, autrice anche del pregevole restauro della Volta Pinta nel 2002, con il consueto coraggio e competenza, da bianca di calcina, poi marrone per un precedente restauro sbagliato, e’ riuscita nell’intento artistico e devozionale di riconsegnare a quella dolce Madre di tutti il primitivo cromatismo del secolo XVI, oltre a ridarLe mano, spalla, manto, volto, e quegli occhi benedicenti che si erano spenti, rivolti a sinistra, forse verso un’antica portella. Sotto di Lei una festa straordinaria, di quelle imbandite negli anni ‘50 del Novecento: un altare mobile con una ricca tovaglia bianca in un angolo della via per la messa e, in mezzo, turisti stupefatti che scorrevano riverenti, qualcuno che si segnava la fronte, tutti a testa bassa, tanto silenziosi che sembravano calzare scarpe felpate nel tentativo di passare inosservati.I simboli di un tempo che sembrava tornato c’erano tutti: le salite, i balconi e le finestre fiorite di rosso, le sedie del salotto buono portate fuori sulla strada, il bel canto di Assisi con la commedia armonica di Umberto Rinaldi. Quella famiglia Carloni Capitanucci, a proprie spese, insieme alla gente di Fontebella ha reso possibile il miracolo di poter ritrovare nel cuore di una città del mondo il suo piccolo borgo antico e mostrarlo con umiltà, quasi ignara: e’ bastata una Madonna! Nell’aria di una delle vie più belle d’Assisi non c’era un melanconico languore d’altri tempi, ma solo il respiro dei suoi abitanti, sovrani della loro città, non foss’altro che una volta tanto.

Paola Gualfetti

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